Come fare le domande giuste?
Fare domande è importante e non è per niente scontato riuscire ad ottenere le risposte giuste. Potresti non ricevere il tipo di risposte che ti serve. O potresti anche ritrovarti con informazioni decisamente inutili. Tutto sta nel come vengono formulate le domande.
Fare le domande giuste è la chiave del lavoro del ghostwriter. Per immedesimarsi nel cliente e scrivere come farebbe lui, non serve intrattenere rapporti di lunga data. È però importante cercare di assorbire il massimo da una conversazione. Per ottenere il maggior numero di informazioni, non basta fare domande. La cosa importante è essere bravi a porre quelle giuste.
Qual è la risposta di cui hai bisogno?
Quando fai una domanda, devi sapere cosa vuoi come risposta. Se hai bisogno di dati o di informazioni oggettive, in realtà non ti interesserà l’opinione del tuo interlocutore. Ciò significa che vorrai rigorosamente le informazioni. Non ti servirà condirle con un’interpretazione “di pancia”. Anche le domande necessitano del giusto contesto.
Quando invece è proprio l’opinione di qualcuno che ti interessa, dovrai rivolgerti alla persona “giusta”, scegliendola tra quanti potrebbero fornirti risposte corrette, poiché esperti dal punto di vista attento e ragionato.
Una volta deciso di che tipo di informazioni necessiti e a chi chiederle, devi porre le tue domande in modo da ottenere le migliori informazioni possibili in risposta. Fare domande giuste è un’abilità come qualsiasi altra e richiede pratica. Ecco alcune tecniche per ottenere i risultati più soddisfacenti.
Non fare domande a cui si possa rispondere con: sì o no!
Quando fai una domanda con risposta chiusa, rischi di ottenere informazioni incomplete. Invece, con una domanda “aperta” lasci la possibilità al tuo interlocutore di approfondire e argomentare le proprie risposte.
Utilizzando una domanda a risposta aperta si ottengono informazioni aggiuntive alle quali, diversamente, potresti non accedere. Ma soprattutto si arriva ad un grado di apertura e di coinvolgimento tali da poter essere la chiave di volta per scoprire lati del tuo interlocutore che, altrimenti, rimarrebbero sopiti.
Domande con “vorrei”, “dovrebbe”, “è”, “sono” e “pensi” portano quasi sempre a risposte vincolanti, come le classiche “sì o no”.
Porre i quesiti puntando sulla formula che prevede “chi”, “cosa”, “dove”, “quando”, “come” o “perché” indurrà le persone a riflettere sulle proprie risposte e a fornire informazioni più dettagliate.
Scava più a fondo con domande di approfondimento
Considera sempre l’utilizzo di domande di follow-up. A meno che tu non stia cercando rigorosamente i fatti, le domande per scendere più verso il cuore del discorso, aiutano ad implementare il racconto con quel grado di empatia che scaturisce solo ad un livello più intimo e profondo.
“Cosa te lo fa dire?” o “Perché lo pensi?” sono alcune delle domande che possono fare la differenza.
Supponiamo che tu stia parlando con un collega e hai bisogno di conoscere i dettagli di un progetto. Se lui ti confessa che per uno dei fornitori è stato molto difficile lavorare al progetto, è bene lasciare la porta aperta verso ulteriori analisi. Un’osservazione più attenta ti condurrà al racconto dei fatti reali. Le domande successive ti danno un’idea amplificata della situazione e ti permettono di far emergere le opinioni personali sui fatti.
Il magico potere del… silenzio
Durante una conversazione o, come spesso accade a me un’intervista, i silenzi sono importanti. Per dosare i tempi tra domanda e risposta è bene fare pace con le pause. Quelle pause, se riempite a sproposito da chi formula le domande, non daranno i loro frutti.
A volte la persona che sto intervistando ha più informazioni di quelle che, di primo acchito, vorrebbe fornirmi. Le risposte arrivano più facilmente quando… ormai non ci spero più.
Confesso che la fretta e un po’ di inesperienza a volte sono state cattive consigliere. Ho avuto bisogno di tempo per imparare a rimanere concentrata e rilassata in quei momenti di apparente stasi. Ma tenendo duro con i silenzi sono spesso riuscita a spingere chi avevo di fronte (o dall’altro capo del telefono) a colmarli con le risposte di cui avevo bisogno per confezionare contenuti più accurati.
Interrompere è… maleducazione!
Non interrompere la persona con cui stai parlando è sicuramente, come ci dicevano le mamme, buona educazione. Dice di noi che siamo persone attente e capaci di lasciare il dovuto spazio al prossimo.
Ma soprattutto, segnala il valore che diamo al nostro interlocutore e a quello che dice.
L’interruzione è fastidiosa perché devia il flusso dei pensieri, dirigendo la chiacchierata da tutt’altra parte. Non necessariamente nella direzione migliore.
Formulare la domanda, aspettare (pause comprese) e lasciare che la persona risponda per intero, è il pattern migliore.
Anche quando subodoriamo che non si sta andando verso una risposta “utile”… lasciamo andare, senza imporci.
Meglio ascoltare comunque quello che ci viene detto, deviando, con la domanda successiva, verso la strada che ci interessa.
Certo, se si sta andando “fuori tema” è bene interrompere, cercando di riportare in carreggiata l’interlocutore che è partito per la tangente.
Il consiglio è quello di usare il buon senso e l’educazione. Mostrare rispetto anche in questo momento non potrà che deporre a nostro favore.
Riassumiamo i concetti ascoltati fino a quel momento e poi riportiamo l’intervistato verso il nocciolo della questione.
Non sempre viene naturale applicare tutte queste regole. Le prime volte, come sempre, sono le più faticose. Ma con un po’ di pratica si migliorerà anche perché, se vuoi buone risposte, devi fare buone domande.