Come gestire i social grazie ad un Ghostwriter

I social e l’effetto boomerang

Quasi tutti fanno uso dei social. Dai ragazzi agli adulti, dai freelance ai piccoli imprenditori. Molti con coscienza e qualcuno senza rendersi conto di quello che fa.
Gli obiettivi per i quali si decide di avere una presenza online, possono essere molteplici: divertimento, lavoro, curiosità. Qualcuno, senza le idee molto chiare, è convinto sia importante “esserci”.

Chi li utilizza per lavoro deve fare attenzione all’effetto boomerang. Usarli male è peggio che non usarli proprio. Si rischia veramente di farsi una cattiva reputazione e persino di perdere clienti.
Tra chi ha intravisto nei social una buona opportunità per il proprio business, si distinguono due categorie:

  1. chi si occupa dei social da solo,
  2. chi si fa aiutare da esperti di comunicazione/social media.

Ci sono poi dei “fuori gara” che sono professionisti che non si curano dei social ma sono comunque presenti online. Tendenzialmente senza pagine professionali ma attraverso la Rete riescono comunque a fare danni alla propria immagine lavorativa. Sono quei professionisti che credono di non usare i social, invece sono più online di un influencer!

Vediamo come si muove online chi ha deciso di usare i social per la propria attività!

I freelance che seguono i propri canali social da soli

Questo gruppo è sicuramente molto nutrito e comprende tutti quei micro-imprenditori che hanno deciso di investire su loro stessi e che, se bastasse un’immagine per descriverli, sarebbe quella del polipo… con ogni tentacolo impegnato in una delle – troppe – attività da solopreneur. Lavoro vero e proprio, marketing, vendita, contabilità, servizio clienti, promozione sui social ecc…

Investire sulla propria attività richiede competenze su molti fronti che esulano da quello per cui si è deciso di mettersi in proprio. Bisogna imparare a fare un po’ di tutto e così spesso anche i canali social rientrano nella to-do-list.
I più accorti hanno separato gli account social personali da quelli aziendali. Così, se da un lato si è fatto un po’ di ordine, dall’altro è raddoppiato l’impegno.

Chi fa da sé spesso arranca tra mille incombenze e se ne occupa nei ritagli di tempo, senza una vera strategia, latitando per mesi o ammassando tutte le pubblicazioni nello stesso giorno. Il risultato è un inutile guazzabuglio in cui si rischia di perdere commenti, richieste e… obiettivi.

I piccoli imprenditori che chiedono aiuto per la gestione social

Alcuni titolari di piccole medie imprese, ma anche qualche one-man-band, hanno deciso di chiedere aiuto a professionisti del settore per la gestione di blog e canali social. Mai scelta risulterà più azzeccata.
Occuparsi della comunicazione di un brand è un affaire piuttosto delicato e complicato. Non basta pubblicare ogni tanto o scrivere qualche post sul blog, seguendo l’onda dell’ispirazione del momento. Per poi abbandonare tutto per un mese o due e tornare condividendo una catena di Sant’Antonio.

Ogni piccolo grande brand ha bisogno di una presenza online coerente e rappresentativa. Contenuti originali, una scaletta di temi che risponda agli obiettivi del marchio e una comunicazione pronta a parare gli eventuali colpi bassi dei competitor, senza risultare disallineata rispetto al mood aziendale.
Raggiungere questo obiettivo è più facile se a capo di tutto ci sono professionisti con esperienza. Qualcuno che prenda in mano le redini del progetto di comunicazione e lo porti avanti con competenza fornendo così il servizio migliore a quei clienti che, in modo accorto, hanno riconosciuto di aver bisogno di aiuto. E lo hanno chiesto.

I professionisti che credono di non usare i social

Nell’elenco delle figure bizzarre con le quali capita a tutti di confrontarsi, quelli che credono di non usare i social sono i miei preferiti. Si tratta di freelance, commercianti o professionisti che lasciano tracce di sé online, ignorano di farlo e spesso vengono “puniti” per questo, proprio dai potenziali clienti. Un uso inconsapevole dei social che rischia di sortire l’effetto boomerang.

La presenza online: uno scomodo biglietto da visita

Qualche mese fa mia figlia ha chiesto di poter frequentare un corso sportivo. Mi sono informata e ho trovato online il numero telefonico di un referente da contattare. Telefono e dopo esserci messi d’accordo per una prova, mi dice che mi avrebbe inviato l’indirizzo della palestra tramite WhatsApp.
Per comodità salvo il contatto e dopo poche ore mi arrivano aggiornamenti sul suo “stato” di WhatsApp. Così in pochi minuti mi rendo conto di avere a che fare con una persona che, definire “lontana anni luce dal mio modo di pensare” è riduttivo.
La prima reazione è stata di fastidio. Io stavo per affidare mia figlia ad una persona che, obiettivamente, non mi piaceva. Ho cercato, a fatica, di separare il professionista dall’essere umano. Ma anche lui avrebbe dovuto utilizzare due sim-card… per separare il professionista dall’essere umano!

Le opinioni troppo personali possono mettere a rischio il lavoro

La stessa cosa è successa con un tecnico contattato per fare dei lavori in casa. La raccolta di immagini sessiste e razziste riproposte sul suo “stato” WhatsApp mi ha fatto passare la voglia di affidargli il lavoro.
Idem con un’altra persona di cui avevo nome e numero di telefono passato da un amico: cercando online lo trovo su Fb e purtroppo non su una pagina dedicata al suo lavoro. Il suo account era un mix di meme e citazioni… diciamo “non condivisibili”.

Quando la comunicazione online racconta molto di te

Quello che emerge dal mio mini campione rappresentativo è che chi comunica online dovrebbe, necessariamente, rendersene conto. C’è comunicazione quando posti immagini di gattini, quando ti taggano ubriaco alla festa di paese, quando condividi meme razzisti, omofobi ecc…

Cedere alle lusinghe dei social media, è un lavoro duro. Il concetto di “guarda che ti possono leggere tutti” è sempre un po’ colto alla lontana. Persino WhatsApp, che a molti pare innocuo, nasconde delle insidie se usato con leggerezza. E non ci si rende conto di quanto Internet abbia sciolto le briglie a tante persone che, in alternativa, avrebbero detto le loro fesserie davanti ad un caffé al bar, con cinque o sei amici intorno.

Prendere solo il meglio dai social è possibile

Quindi, che fare? Come privati, agire con consapevolezza potrebbe già mettere al riparo da guai ma come professionisti è doveroso. Separare account personali da quelli professionali sarebbe già di grande aiuto. Ma soprattutto è consigliato trattarli come se fossero la vetrina del proprio negozio.
Chi deciderebbe di mettere le foto della prima Comunione dei figli nella vetrina del negozio di salumi? Chi metterebbe una propria foto in costume nello studio in cui esercita la professione di Avvocato?

La pagina relativa al proprio business dovrebbe trattare solo temi legati all’ambito di competenza e sì, non riesco a dire quando e dove sarebbe meglio postare meme imbarazzanti che toccano uno di quei temi che, da sempre, si suggerisce di non affrontare durante le cene: sesso, soldi, politica, religione…
Se per gli account personali “Ognuno per sé e Dio per tutti”, per quelli professionali il consiglio è di delegare la gestione a chi lo fa di mestiere. Sembra facile ma i Social sono un ring sul quale è difficile rimanere sempre in piedi. Se vuoi evitare il KO, sentiamoci!

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